La neve artificiale è una neve non naturale prodotta con mezzi, detti
“innevatori” che, in condizioni metereologiche opportune, trasformano
una certa quantità di acqua in neve secondo un processo detto
“innevamento artificiale”. Nelle località sciistiche gli impianti di
innevamento artificiale sono sempre più diffusi e vengono utilizzati dai
gestori degli impianti di risalita per far fronte alla scarsità o all’assenza di
neve naturale al suolo lungo le piste d sci durante la stagione turistica
invernale.
Neve Naturale:
La vita di un cristallo di neve inizia all’interno dell’atmosfera. Questa contiene spesso umidità data dal vapore acqueo. Se la temperatura si abbassa, le molecole si condensano attorno a particelle chiamate nuclei di condensazione, sali, pollini o polveri presenti nell’ atmosfera, che hanno un diametro medio di circa 1 micrometro. Se la temperatura dell’aria è al di sotto degli 0 °C è possibile che, invece di acqua liquida, si formino minuscoli cristalli di ghiaccio. Perché ciò avvenga sono necessari dei nuclei di congelamento, simili a quelli di condensazione. Non tutte le particelle che fungono da nuclei di condensazione possono essere anche nuclei di congelamento; al diminuire della temperatura dell’aria il loro numero aumenta e diventa molto più facile la formazione, tramite congelamento, di cristalli di ghiaccio. La dimensione e la massa dei cristalli di ghiaccio aumentano e cominciano a subire l’azione della forza di gravità, iniziando a cadere.
La forma finale del cristallo di neve dipende da una serie di variabili, come la temperatura, la velocità di caduta e l’umidità dell’aria incontrata. La velocità con cui la massa del cristallo aumenta dipende dalla temperatura: i cristalli che passano attraverso un’atmosfera più fredda sono più piccoli di quelli passati attraverso un’atmosfera più calda. Inoltre una atmosfera più calda può contenere più umidità, dando luogo a nevicate più abbondanti. Una volta caduto al suolo il cristallo di neve subisce una serie di trasformazioni dette metamorfismi, che ne modificano la forma iniziale e le caratteristiche fisiche. La neve naturale al suolo dopo la sua caduta va incontro ad una serie di trasformazioni (metamorfismi) che ne alterano la struttura originale in dipendenza delle particolari condizioni ambientali. Questi metamorfismi sono i responsabili delle caratteristiche meccaniche e fisiche del manto nevoso. La densità della neve naturale dopo un certo periodo di tempo dalla caduta, se non viene trattata con mezzi meccanici (ad esempio macchine battipista), è stimata attorno ai 200-300 kg/m³.
Neve Artificiale:
La neve artificiale viene prodotta con un processo che imita quello naturale. Il cannone sparaneve pompa e nebulizza l’acqua liquida in ingresso e questa poi, sotto forma di piccolissime gocce d’acqua, ghiaccia quasi istantaneamente al contatto con l’aria. Con i moderni cannoni sparaneve basta che la temperatura sia anche solo di pochi gradi sotto zero per formare piccoli cristalli di ghiaccio. Combinando acqua e aria compressa nelle giuste proporzioni e refrigerando opportunamente il composto è possibile ottenere prima i nuclei di congelamento e poi lo sviluppo del cristallo di neve.
In questa miscela si immette ancora acqua vaporizzata e si ricrea ciò che avviene in natura. Attorno ai nuclei di congelamento si deposita l’acqua e si formano i cristalli di neve, che per effetto della gravità si depositano al suolo. Un cannone per la produzione di neve, quindi, non fa altro che ripetere più velocemente ciò che avviene in natura. Occorre però che la temperatura e l’umidità dell’aria siano nelle condizioni ideali: tanto più bassa è l’umidità, tanto maggiore sarà l’efficienza della trasformazione dell’acqua in neve. La struttura delle particelle gelate così prodotte, tuttavia, appare più compatta e sferica di quelle naturali, quindi la neve artificiale presenta alcune caratteristiche fisiche diverse da quella naturale, che comportano una sua maggiore densità. Alcune sostanze possono catalizzare e facilitare la formazione di nuclei di congelamento, come ad esempio l’utilizzo di una proteina prodotta per fermentazione in un ambiente controllato dal batterio Pseudomonas syringae. La neve artificiale si deposita al suolo con valori di densità superiori a quelli della neve naturale metamorfosata, attorno cioè a 400-500 kg/m³. Questa differenza dipende dal metodo di produzione e solitamente è inferiore quando la neve è prodotta con generatori a ventola multiugello. La neve artificiale, dunque, differisce per struttura fisica dalla neve naturale e comporta un maggiore carico del terreno. La neve artificiale consente di isolare il terreno dal gelo che, in assenza di precipitazioni nevose, potrebbe penetrare a fondo nella cotica erbosa, ma tale isolamento è meno efficace di quello prodotto dalla neve naturale. La neve artificiale prodotta a stagione avanzata, inoltre, ritarda l’inizio dell’attività vegetativa.
Impatto Ambientale:
Attualmente un gruppo di ricercatori dell’Università di Torino in collaborazione con il Cemagref ha studiato l’impatto ambientale di un additivo, lo Snomax, prodotto e commercializzato da una ditta statunitense, si usa sui campi da sci da circa vent’anni. Finora nessuno aveva mai analizzato gli effetti sull’ambiente di questo prodotto, autorizzato in alcuni paesi, regolamentato o vietato in altri. La “proteina che fabbrica il ghiaccio” raggiunge il suo effetto a temperature più alte del solito, circa -3° invece dei normali -6°C, in questo modo si risparmia energia, perché non è necessario raffreddare tanto l’acqua per trasformarla in neve. La ricerca ha voluto verificare che non ci fosse traccia dei batteri né nella neve prodotta né nella vegetazione e nel suolo al disgelo.
Il problema non è la presenza di questi microrganismi, che si trovano normalmente sia nell’ambiente sia nella neve naturale, quanto la loro quantità e la loro velocità di propagazione: al momento sembra che lo snomax funga da “brodo di coltura” per i batteri, che quindi si riprodurrebbero molto più in fretta del normale, col rischio di una pesante contaminazione ambientale. L’ambiente montano è caratterizzato da ripidi pendii, la cui stabilità è precaria. L’habitat della vegetazione, al di sopra del livello del bosco, è molto delicato a causa del clima rigido: il periodo vegetativo è molto breve e le gelate notturne sono frequenti. Se si altera l’equilibrio ecologico, è difficilissimo ripristinarlo. Lo si vede molto bene dove si spianano i fianchi della montagna per realizzare piste da sci, per avere una nuova copertura erbosa a rapida crescita bisogna riseminare tutti gli anni, e utilizzare concimi chimici. Esistono studi che evidenziano come l’innevamento artificiale, arricchendo di acqua il suolo, favorisca la crescita dell’erba. Non si può però generalizzare, dato che questo vale solo nel caso di un pendio o di un prato particolarmente asciutti, più acqua fa crescere di più, ma solo le specie vegetali che hanno bisogno d’acqua, e queste non sono mai quelle tipiche dell’habitat di alta montagna. Ci può essere quindi anche un aumento del verde, ma sempre con una grave e irrimediabile perdita di biodiversità in uno degli ecosistemi più delicati. Il cristallo della neve artificiale, avendo forma sferica, chiude meglio gli interstizi fra le particelle e lascia passare poca aria: si riduce la capacità di isolamento e quindi il freddo raggiunge il suolo molto più in fretta, ghiacciando la superficie del manto erboso e mettendo in forse la sua ricrescita nella stagione estiva; inoltre, l’innevamento prolungato fino a stagione inoltrata comporta un ritardo di circa 20 giorni per l’inizio dell’attività vegetativa.
– Filippo Scotti
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